Con un andamento che distribuisce gli eventi in un ordine che è nello stesso tempo cronologico e tematico (quasi a dar conto delle sue due anime di studioso), Segre racconta un se stesso a tante facce, unificate dalla mai esausta curiosità per gli uomini e la realtà in cui si è imbattuto. Nel libro sfilano le immagini di lui bambino nella piccola comunità ebraica di Saluzzo, e poi quelle, drammatiche, alla Madonna dei Laghi di Avigliana, recluso sotto falso nome in un collegio di Salesiani per sfuggire alla deportazione. E poi ancora i viaggi e la passione per il canottaggio, nelle acque del Po o all'Idroscalo. E il servizio militare a Orvieto, dove Segre scopre la Babele linguistica dei dialetti italiani. Ma il libro è anche una galleria di ritratti di grandi personaggi della cultura: da Santorre Debenedetti, il mitico zio che lo inizia, ancora ragazzo, ai segreti della filologia, a Benvenuto Terracini e alla figlia Lore, quasi una sorella per Segre, a Gianfranco Contini e a Roman Jakobson. E ancora l'università, con tutte le sue trasformazioni tuttora in atto, e il mondo dell'editoria; la nascita delle riviste piú importanti del dopoguerra; lo strutturalismo e la semiologia, le grandi avventure della cultura degli anni Sessanta e Settanta. In questa «specie di autobiografia» tutto è scritto con grande eleganza e con grande passione: il privato e il pubblico, il percorso intellettuale e l'impatto con le emozioni, il dato e la riflessione. E non manca un finale letterariamente pirotecnico, in cui Segre, sullo stile di un dialogo leopardiano, traccia una paradossale (ma non troppo) previsione degli anni che ci attendono.
Just click on START button on Telegram Bot