"È uno di quei (rari) libri da leggersi anzitutto così, d'un fiato, per il puro piacere di seguire la storia di Joe Gould, eccentrico barbone newyorchese degli anni Quaranta, sparuto, stridulo, sempre vestito di assurdi abiti smessi troppo grandi per lui, scroccone ai limiti della mendicità, imbucato di professione, privo di fissa dimora e ciondolante tra infimi alberghi, oscuri androni, stazioni della metropolitana, cucine assistenziali, ristoranti e bar dove sequestra tutte le bottiglie di ketchup sparse sui tavoli ('È l'unica cosa che non ti fanno pagare') e se le sorbisce a cucchiaiate... Il libro è un piccolo capolavoro di quell'arte (non c'è altra parola) così americana che consiste nel trattare la non-fiction, biografia, storia, cronaca, con tale sensibilità e intensità narrativa da renderla indistinguibile dalla fiction, pur restando i fatti scrupolosamente documentati e privi di qualsiasi orrenda romanzatura. Esempi sommi ci vennero in questo filone da Ernest Hemingway, Truman Capote, William Shirer. Ci mettiamo senza esitare anche il bravissimo Mitchell." (Fruttero & Lucentini)
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