Pubblicati quando la servitù della gleba era in Russia ancora una realtà, i racconti che compongono "Memorie di un cacciatore" suscitarono grande impressione nel pubblico per la loro insita carica di denuncia e di condanna sociale, messa in risalto da uno stile esente da sfumature propagandistiche o idealizzatrici, fondato su un realismo non retorico e su un linguaggio scevro da coinvolgimenti emotivi. Da questa "asciuttezza" narrativa prende vita l'anima di una terra in cui il popolo vive la tragedia della propria servitù, fatta di rassegnazione e di miseria ma non di disperazione, che è respinta da una fede autentica e radicata nell'uomo e nella giustizia.
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