In quanto strumento di comunicazione intenzionale tra un emittente e un ricevente ideali (chi fa un film e lo spettatore), il cinema narrativo si può considerare un linguaggio. Ma se è così, come funziona questo linguaggio? Si basa forse - come hanno sostenuto alcuni autori - su una sorta di "lingua del cinema", cioè, su un sistema codificato di segni, sorretto da convenzioni, e fornito di una grammatica? La tesi del libro è che il cinema narrativo non abbia bisogno né di una semantica, né di una sintassi, ma solo di una pragmatica: come quella abbozzata da Paul Grice nel suo articolo "Logic and conversation" (1967). Ciò che nelle lingue naturali è affidato alla sintassi e alla semantica è demandato, nel cinema, alla semplice duplicazione d’immagini e suoni. Il film narrativo è un fenomeno semiotico non in quanto fenomeno sintattico/semantico, ma in quanto fenomeno pragmatico. §--------------------------------§ As an intentional communication tool between an ideal transmitter and an ideal receiver (film-maker and spectator), narrative cinema can be considered a language. But if it is, how does this language work? Is it perhaps based—as some authors have claimed—on a sort of "language of cinema", that is, on a codified system of signs, supported by conventions, and having a grammar? The main thesis of this book is that narrative cinema needs neither semantics nor syntax, but only pragmatics, such as the pragmatics outlined by Paul Grice in his seminal paper "Logic and conversation" (1967). That which in natural languages is done by syntax and semantics, in cinema is done by the simple duplication of images and sounds. A narrative film is a semiotic phenomenon not as a syntactic/semantic phenomenon, but as a pragmatic one.
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