Nel 1959 usciva, nella Collana Cederna di Vallecchi, il quinto volume delle Opere di Hugo von Hofmannsthal. Volume a dir poco eccezionale, che proponeva nella traduzione di Landolfi il Cavaliere della Rosa – con cui la vicenda mirabilmente complessa e armoniosa dei rapporti fra Hofmannsthal e Strauss tocca il vertice della perfezione – e insieme il meno noto Le nozze di Sobeide, un canto «così colmo di parole profonde e grandi su grandi e profonde cose umane» ha scritto Theodor Lessing «che nessuno l'ascolterà senza provarne meraviglia». Un dittico sapientemente giocato sui contrasti, dunque: all'incantevole leggerezza del Cavaliere fa da contrappunto la cupa bellezza di un dramma in versi dove la temeraria sincerità di Sobeide, che confessa al Ricco Mercante sposato per desiderio del padre il suo amore per il giovane Ganem, e la malinconica lungimiranza del vecchio, che sceglie di lasciarla libera, trovano grazie alla versione landolfiana accenti di alta poesia.
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