La lotta per l'indipendenza dell'Indonesia, che toccò il suo culmine negli anni quaranta del secolo scorso, è stata considerata per molto tempo come un conflitto lontano e marginale, tra Paesi Bassi colonizzatori e Indie colonizzate. E invece ha scritto la nostra storia. Dopo la Seconda guerra mondiale e l'occupazione giapponese, l'Indonesia fu il primo Paese a rivendicare con le armi la propria indipendenza; l'intervento prima inglese, poi australiano e, soprattutto, olandese, che avrebbe dovuto riportare l'ordine, non fece che scatenare la prima guerra di decolonizzazione moderna. Quella lotta ispirò i movimenti per l'indipendenza in Asia, Africa e nel mondo arabo, specialmente dopo la "leggendaria" Conferenza di Bandung, organizzata dall'Indonesia libera: "Era il 18 aprile 1955. Mentre in Europa si svolgevano le ultime mostre etnografiche, con anonimi corpi scuri e finte capanne, qui una nuova generazione di capi politici sicuri di sé entrava nella luce del mattino". La narrazione parte da lontano, dalla preistoria dell'Indonesia, quando l'Homo erectus arrivò dall'Africa a "Giava, che non era ancora un'isola ma, insieme a Sumatra, al Borneo e Bali, era tutt'uno con il resto dell'Asia", descrivendo il susseguirsi delle epoche, delle culture e degli scambi che resero l'arcipelago un "crocevia di civiltà" e mostrando che anche qui, come in Africa, le lancette della Storia non iniziano a muoversi con l'arrivo degli europei. Van Reybrouck ha lavorato per cinque anni a questa grande opera, intervistando quasi duecento persone, gli ultimi testimoni di quegli avvenimenti ancora in vita, nelle case di riposo indonesiane, nelle metropoli giapponesi e nelle isole più sperdute. Il racconto del Dopoguerra è tutto diverso rispetto a quello a cui siamo abituati.
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