Questo non è un libro su Roger Federer né sul tennis. È un libro sulla fine delle cose, sui giorni che precedono il ritiro dalla scena, sia essa un campo di terra rossa, un palcoscenico, uno studio di registrazione o un ring. Come spesso accade nei testi di Dyer, il vincitore di venti Grandi Slam è solo il pretesto per parlare d’altro, un modo per riflettere su se stesso e su di noi. Quando un artista invecchia, cosa succede alla sua creatività? Matura o marcisce? Raggiunge una nuova serenità o soccombe al tormento della morte? Quando il corpo e la mente cedono il passo alla vecchiaia, come può un atleta continuare a essere il più grande di tutti? Geoff Dyer contrappone il suo incontro con la tarda età agli ultimi traguardi nella carriera di scrittori, pittori, calciatori, musicisti e stelle del tennis che hanno segnato in diversi modi la sua esistenza. Partendo da The End, ultima traccia del primo album dei Doors, passando per l’esaurimento di Nietzsche a Torino, la riscrittura improvvisata di Bob Dylan delle sue vecchie canzoni e i dipinti di luce astratta di un ultimo Turner, Dyer mette sul tavolo le intensificazioni e i mutamenti della percezione che si verificano quando la fine si avvicina. La preoccupazione di come sfruttare al meglio il tempo che rimane, il pensionamento, il mal di schiena e i rimpianti si mischiano a un senso nuovo di vivere la bellezza e alla consapevolezza che l’arte, intesa anche come un rovescio ben piazzato, sia l’unico modo che abbiamo di sopravvivere allo scorrere del tempo. Dyer sfida la procrastinazione e la digressione in un racconto che, nonostante il buio della fine che incombe, è un luminoso canto di gioia.
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