Una conseguenza imprevista dell'invenzione della scrittura fu che alcuni non si limitarono a leggere quanto era stato scritto in precedenza, ma si accinsero a loro volta a scrivere sugli scritti di altri. È attraverso questa dinamica costante che un certo numero di opere si è guadagnato lo statuto di "classici". Ma quali sono le ragioni che hanno indotto schiere di autori a occuparsi di interpretare, confutare o rafforzare i classici? E soprattutto: che senso ha oggi avvicinarsi alla lettura di testi che possono avere origine in un passato culturalmente e cronologicamente anche molto lontano? Il volume ripercorre alcuni momenti centrali del dibattito svoltosi fra Otto e Novecento sui classici e sul processo della loro mediazione. Dopo aver sottoposto a una serrata critica gli argomenti pro e contro ciascun uso possibile dei testi canonici della tradizione, l'autore individua proprio nella loro "alterità" culturale il contributo più efficace che essi sono tuttora in grado di fornire alla ricchezza e alla libertà delle nostre conoscenze.
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