Viaggia veloce il fiume del tempo, molto più di quanto scorrevain passato. E scava sempre più profondo il canyon che attraversa.I miei figli sono dall'altra parte e potrebbero partire prima che possaraggiungerli. Gli vorrei consegnare quello che ho conservato. Non c'èmolto tempo e, senza il mio bagaglio, ho paura che il loro viaggio possaessere più faticoso di quello che intrapresi io.
Ho 58 anni adesso che scrivo e, il mio viaggio, l'ho iniziato che eroragazzo. A quei tempi anche mio padre mi consegnò il suo bagaglio, ma gli bastò allungare un braccio per passarmelo. Da sempre Paolo Bonolis parla da solo. Lo fa per ritornare sui suoipensieri, elaborarli, triturarli, rivoltarli come calzini. E per capirci di più: sul mondo, sulla felicità, sulla televisione, sullo stupore, sull'amoree la famiglia, sulla tecnologia che non rispetta i ritmi della biologia, sullo sport che è passione, su Roma ('sti cazzi), sull'uomo che è l'animalecon la spocchia.
Negli anni, da queste riflessioni ad alta voce sono nate delle pagine diappunti scritti che ora aprono i diciotto capitoli di Perché parlavo da solo, il primo libro di Paolo Bonolis, un tesoro intimo, meditato e prezioso daconsegnare ai suoi figli e a tutti coloro che nel tempo l'hanno apprezzatoo anche criticato.
In un flusso appassionato e coinvolgente, ricco di ricordi di personaggied episodi, Bonolis sorprende i lettori con le sue domande ora poeticheora al vetriolo, sempre profonde: leggerezza e accettazione sono antibioticiper l'esistenza? La Natura Umana è senza scopo, lo Spazio la limitae il Tempo la corrode: come se ne esce? Un amore è un dato oggettivoo un fiume di farfalle? Internet ci sta rincoglionendo? E tagliare i cojonia un gatto è un atto lecito o arbitrario?
Il risultato è una lettura che incuriosisce, fa pensare e talvolta rideregrazie all'intelligenza affilata e alle battute ciniche di Bonolis.
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