La caduta del muro di Berlino, simbolo dell'ordine bipolare sorto dalla seconda guerra mondiale, sembrò inaugurare una stagione in cui sarebbero venute meno molte altre frontiere, insieme alla liberalizzazione e integrazione dei mercati, la creazione di vaste zone di libero scambio, la nascita di una nuova unione politica e monetaria. Solo trent'anni dopo quella tendenza appare invertita e si assiste a una rivalutazione di confini e frontiere, a un'espansione del loro numero e persino alla loro reintroduzione là dove, come in Europa, erano state virtualmente abolite. Un illusorio ritorno di fiamma della sovranità nazionale, un fenomeno controtempo o la rivincita del peso della storia e del potere del luogo? Il fatto che le frontiere siano tornate di attualità, ci avverte l'autore nella sua analisi delle più pericolose linee di faglia che si sono aperte nel mondo contemporaneo, non significa però che esse corrispondano a ciò di cui l'attualità avrebbe bisogno.
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