Migliaia di vite “senza sponda”: sono quelle dei migranti che cercano rifugio nel nostro Paese, in fuga da bombardamenti e carestie, da cambi di regime, guerre intestine e povertà, che si tratti della Nigeria di Boko Haram, della Libia in preda all'instabilità politica, dell'Egitto sconvolto dalle conseguenze dolorose della sua “primavera” mancata o della Siria ora in balia dell'Isis. Migliaia di esistenze travolte dalle onde del mare o spezzate dalla fatica del deserto: profughi in viaggio per raggiungere una parte del mondo che sognavano migliore, una sponda dove credevano di essere accolti. Ma così non accade. In un'Italia dalla memoria troppo corta, che volentieri dimentica il suo stesso passato di migrazione, è facile identificare nei profughi dei nuovi barbari, colpevoli di invadere le nostre coste per impoverirle, se non per depredarle. Una reazione diversa è possibile, però, proprio ricordando le nostre radici: imparando ad accogliere umanamente chi cerca rifugio sulle sponde italiane, per non cadere in quella che papa Francesco a Lampedusa ha chiamato “globalizzazione dell'indifferenza”. È ciò che propone lo scrittore e studioso Marco Aime in questo pamphlet, agile e provocatorio, che getta una luce nuova sui casi più tragici della nostra attualità grazie agli strumenti dell'antropologia. Se “indifferenza” significa scegliere di non scegliere, l'unica scelta che ci rende davvero umani è la decisione di non voltare lo sguardo e aprirci invece all'altro, al diverso, allo straniero. Per farlo, è sufficiente seguire l'esempio della gente di Lampedusa: imparare l'accoglienza dai gesti quotidiani degli abitanti dell'isola più tormentata dagli sbarchi, che, da anni, nonostante questo si prodiga per aiutare chi arriva, spesso facendosi carico delle inadempienze dello Stato. Con la postfazione di Alessandra Ballerini
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