L’arte di guidare una moto consiste nel tenerla sulla strada. Ma l’esercizio di quest’arte differisce da ogni altro tipo di guida, perché interessa l’intero corpo e il suo istintivo senso dell’equilibrio.
Il pilota di una motocicletta piega di continuo il proprio corpo contro e verso la strada, contrastando la forza centrifuga, lottando con l’inerzia, piegandosi, girando, ruotando, zigzagando in curva, adattando di continuo lo sguardo in modo da osservare il più possibile. È un pas de deux, afferma Berger, pilota e strada uniti in un abbraccio appassionato, compagni di tip-tap lungo l’inesorabile autostrada uomo-macchina della vita.
A bordo della moto di Berger, è forse possibile scrivere un nuovo Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, aggiornarlo e portarlo a un livello superiore per la nostra epoca globale. Possiamo attaccarci a Berger se ci teniamo alla vita, fidando che ci porterà da qualche parte, oltre l’arcobaleno, oltre la vetta della montagna, oltre il muro. E dato che la nostra motocicletta è un veicolo – non un titano – lui saprà come ripararla se dovesse guastarsi, se dovesse arrestarsi in una qualche piazzola. In questo tragitto, in questo tragitto verso una destinazione, verso un senso reale del luogo – un luogo d’incontro – arriviamo per caso, grazie a speciali mezzi per viaggiare.
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