Spirito estroso e mordace, segnato dalle vicissitudini di una vita irrequieta, Luigi Pulci gravitò nella cerchia culturale di Lorenzo il Magnifico, opponendo alle tendenze raffinare dell'umanesimo platonizzante una vena beffarda e popolaresca di matrice fiorentina. Nel Morgante, poema in ottave che ripercorre le gesta di Orlando e dei paladini erranti, rivive la materia cavalleresca in chiave parodistica e stravagante. Dissolto ogni alone di sublime, gli eroi dell'epopea diventano prosaici e bizzarri: Carlo Magno è un bonario vecchietto, i paladini parlano un linguaggio da trivio e intorno a loro ruotano, in un caleidoscopio di avvenrure macabre e grottesche, personaggi imprevedibili come i due strampalati giganti Margutte, infido cavaliere, e Morgante, suo animalesco scudiero. La presente edizione, che riporta il testo stabilito da Domenico De Robertis, è curata da uno specialista del genere, Giuliano Dego, cui si debbono l'introduzione e il rigoroso apparato di note.
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