Uscito nel settembre 2009, Perle ai porci fu un caso editoriale. Dotato di un'esilarante penna al vetriolo, il suo geniale autore - un docente della scuola pubblica italiana nascosto sotto lo pseudonimo di Gianmarco Perboni - raccontava in modo politicamente scorretto ma, ahinoi, tremendamente realistico le proprie esperienze di insegnante, tutte da ridere (per non piangere). Non risparmiava nessuno: studenti, colleghi, dirigenti, ministri. E naturalmente genitori. Da allora Perboni ha continuato la sua carriera in cattedra, mantenendo segreta la propria vera identità, e adesso ci offre un nuovo irresistibile spaccato di vita scolastica. Molte cose sono rimaste le stesse, a partire dalla crassa ignoranza (più grave dire "l'asina goga" o il "muro di Dublino"?) e dalla scoraggiante stolidità ("Debussy visse fino alla sua morte") di molti studenti. Ma tante altre sono cambiate. In peggio. Le nuove tecnologie si sono rivelate inutili (cd utilizzati come specchietti per il trucco) o addirittura perniciose come i gruppi whatsapp di genitori che pesano gli zaini dei ragazzi per poi organizzare una sedizione. E vogliamo parlare dei rischi che corre un povero prof che abbia l'ingenuità di mettersi su Facebook? Poi ci sono i danni provocati da chi - ministro o privato cittadino -, pur non avendo mai passato un'ora a insegnare, suggerisce, rigorosamente in inglese, trovate demenziali come la flipped classroom. Ovvero la classe capovolta: un gran casino. Giorno dopo giorno, questo nuovo diario di Perboni ci fa entrare nelle aule italiane e ridere a crepapelle, pur con amarezza, perché le vivide e realistiche scenette raccontate dall'autore svelano in quali condizioni di colpevole trascuratezza versi il sistema educativo del nostro Paese. Potrà da questo libro scaturire qualche concreta proposta di miglioramento?
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