«Le "tradizioni" che ci appaiono, o si pretendono, antiche hanno spesso un'origine piuttosto recente, e talvolta sono inventate di sana pianta». Questa osservazione di Eric J. Hobsbawm ha costituito la base per un'indagine condotta da diversi studiosi, organizzata dalla rivista «Past and Present», di cui questo libro è il risultato.
Da non confondere con la «consuetudine», cioè con i vecchi modi di agire o di comunicare ancora vitali, le «tradizioni inventate» sono l'insieme di pratiche che si propongono di inculcare determinati valori e norme di comportamento ripetitive nelle quali è implicita la continuità con il passato. Ogni società ha accumulato una riserva di materiali in apparenza antichi: per rinsaldare vincoli nazionali, per connotare più marcatamente la fisionomia di partiti o di ceti, o per attenuare quel senso di insicurezza che si poteva avvertire guardando a un futuro di radicali innovazioni. Questa sorta di ingegneria sociale e culturale ha caratterizzato in genere l'affermarsi delle nazioni moderne, che hanno cercato di legittimare la loro più recente «storia» cercando radici nel passato più remoto. Una prima ricognizione di queste tradizioni inventate apre ora le prospettive di una più originale visione dei tempi, dei modi e delle molte contraddizioni di quella che è stata definita l'età della «modernizzazione».
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