Torino, quartiere San Paolo. Accanto alla via intitolata all'eroe della Resistenza Paolo Braccini c'è via Francesco Millio; è una strada anonima come tante, più brutta che insignificante, attorniata da condomini in stile anni '50. Ci sarebbe davvero poco da dire su via Millio, se non fosse per quella ammaccatura circolare al centro della saracinesca metallica di un negozio. È lì, immobile, dal 9 marzo 1979. Quel giorno in via Millio - durante una sparatoria tra un commando di Prima linea e una pattuglia di polizia - esplosero sessantaquattro pallottole: una trafisse il torace di Emanuele Iurilli, studente di diciotto anni. Morì per caso, mentre stava rientrando da scuola. Quella di Emanuele lurilli è una delle tante cicatrici incise nei muri di Torino. A ricordarle, a raccontarne il dolore e lo smarrimento, l'indignazione e la rabbia, la reazione e la rivolta, sono due giovani autori - Stefano Caselli e Davide Valentini, torinesi entrambi - che non hanno ricordi diretti degli anni '70 ma hanno però in comune lo stupore per la scoperta di una città a volte inafferrabile e di strade percorse abitualmente che sono state teatro di appostamenti, scontri, attentati e omicidi solo pochi anni prima che loro nascessero. Hanno raccolto memorie e storie, hanno ascoltato i parenti delle vittime e recuperato le testimonianze sui tanti cittadini comuni - piccoli imprenditori, guardie carcerarie, poliziotti, consiglieri comunali, dirigenti d'azienda, baristi e studenti...
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