Pubblicata nel 1968, questa raccolta di una ventina di «pezzi, o saggi, se preferite» è considerata un classico moderno. Pochi libri hanno scandagliato in modo così originale l'umore degli Stati Uniti negli anni sessanta e in particolare della California, allora avamposto della controcultura americana. A rendere illuminante ogni singolo reportage e coerente la raccolta nel suo insieme è la scrittura maieutica di Joan Didion, il suo incedere curioso dal particolare a un universale mai «detto» né «saputo». La cronaca di un processo per omicidio diventa il resoconto della fine del sogno americano, un delicato ritratto di John Wayne è l'affresco di un'epoca al tramonto, il racconto di una diatriba tra Joan Baez e il suo vicinato getta una luce impietosa sul lato quotidiano e ordinario dell'icona del '68, il reportage del quartiere di Haight-Ashbury smonta pezzo dopo pezzo il mito del Flower Power.
Verso Betlemme setaccia, filtra e racconta un cambiamento epocale, un paese dove tutto sembra andare in frantumi, dove un ordine si è sgretolato lasciando un vuoto che sarà presto riempito da un ordine diverso, più simile al caos: «Il centro non reggeva più. Era un paese di avvisi di fallimento e annunci di aste pubbliche, di rapporti ordinari su omicidi involontari, di bambini nel posto sbagliato e famiglie abbandonate, di vandali che non sapevano nemmeno scrivere correttamente le parolacce con cui imbrattavano i muri.» Joan Didion non fa che regalarci la sua ostinata curiosità, il suo sguardo lucido e meravigliato, e il risultato è una lezione irripetibile di giornalismo narrativo che trascende lo spazio e il tempo del proprio oggetto d'indagine.
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