Alla fine degli anni ottanta, quando gli elettori lombardi sanzionano l'arroganza e la corruzione della classe politica votando per la Lega Nord, si fanno sedurre dall'intemperanza anche lessicale di Umberto Bossi. La sua "idiozia" politica, le maschere che di volta in volta indossa diventano la chiave del suo successo. Il suo stile verbale rievoca il buffone della tradizione medievale, non rispettando niente e nessuno, e deridendo a più riprese le istituzioni. Con lui la pratica politica smarrisce ogni riferimento di senso, diventando una giravolta di annunci, minacce, promesse e intenzioni, in una parola "spettacolo". Il suo linguaggio e le sue maniere rimandano ai personaggi della Commedia dell'arte: il politico Bossi si trasfigura nella maschera Bossi. Come emerge da questo approccio etnografico, la Lega Nord non si limita a rappresentare le maschere più profonde dell'immaginario collettivo attraverso l'invenzione di un linguaggio tutto "suo", ma ha campo libero per fare politica nel senso più classico del termine, cioè creando miti. La Lega si dimostra più gramsciana della sinistra, conquistando l'egemonia culturale e investendo in modo ramificato tutti i settori della società. La semplicità lessicale, popolare e dialettale agìta contro l'arroganza delle classi colte e urbane si trasforma nel suo contrario: l'arroganza della semplicità. Prefazione di Gad Lerner.
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