"Da dove vengo" è l'opera in cui Joan Didion raccoglie tutta se stessa: è la sua autobiografia, restituita attraverso il prisma della storia americana. Dopo la morte della madre, la necessità di congedarsi dai genitori la porta a guardare dentro il rapporto con la famiglia e a scavare il luogo da cui proviene, dissodare la propria identità, chiedersi, appunto, «da dove vengo». Didion si rende conto di non aver mai capito la California, di doversi liberare dall'incantesimo sotto il quale è sempre vissuta. Con "Da dove vengo" Joan Didion scrive quindi la storia della sua terra, la storia della sua famiglia, la sua storia. Che si trasforma in una struggente contronarrazione dell'epica della frontiera, dalle traversate degli antenati al mito delle «cose selvagge» e del ranch, dai sogni dei pionieri ai leggendari grandi latifondisti. Lo spirito individualista e il trionfalismo civico, la scomparsa e il continuo riaffiorare di un paradiso naturale perduto, i grandi cambiamenti del dopoguerra, la potenza ciclopica della ferrovia, le speculazioni del mercato immobiliare e dell'industria aerospaziale, tutte le malinconie e le contraddizioni delle classi sociali: ogni cosa è declinata in toni intimi e corrosivi. Così la scrittrice americana passa al setaccio ogni granello di sabbia californiana e con grazia predatoria smaschera, ricompone, ripudia e invoca il proprio affresco delle origini. "Da dove vengo" è un'opera cadenzata sulle note di una lucida nostalgia. È l'esplorazione, tra siccità e alluvioni, di un territorio emotivo saldamente intrecciato a quello reale. Se la revisione del cosmo californiano è prima di tutto una riflessione su di sé, al termine di questo lungo viaggio Joan Didion trova la sua miniera d'oro, la sua eredità, la sua America, il suo dove. E noi con lei.
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